Gli Apache che guardano i primi coloni della San Pedro Valley recintare la terra. Una carovana di pionieri popolata da personaggi di ogni natura, da contadini e mandriani ad artisti del vecchio mondo. E infine un mercante di bestiame, Hayes Ellison (Kevin Costner) che va incontro a inesauribili disavventure per proteggere la giovane Marigold, che un padre padrone sta cacciando in tutto il west: è l'epopea del West, la sua conquista e il conflitto con i nativi, raccontati dal cinema in favolose epopee, quella che Horizon – An American Saga, dispiega con una coralità di personaggi e punti di vista, ed una magnificenza di orizzonti e paesaggi, tipici del genere epico dai tempi di Omero.
Uno studioso americano ha fatto notare che la fortuna del genere western, che nel cinema inizia addirittura con la scoperta del racconto nell’era del muto (The Great Train Robbery, del 1903, è il primo film che racconti consapevolmente una storia come la intendiamo oggi) è durata più degli anni dell’epopea che racconta, a cavallo della guerra civile americana: dal rinascimento spettacolare a partire dal 1939 con Ombre rosse di John Ford, diventa il genere principe dell’immaginario hollywoodiano almeno fino agli anni ’70. Per tutta la Hollywood del periodo d’oro, non eri davvero un regista di fama se non avevi fatto almeno un buon western, anche se per le generazioni più recenti, il western non ha più lo stesso appeal del passato: uomini solitari, spazi immensi, nativi dietro ogni roccia e donne coraggiose e di solido governo familiare, non abitano più nella fabbrica dei sogni comuni.
“Ciò che è importante per me è mantenere una promessa per chi è disposto ad andare al cinema e fare un viaggio” ha detto Kevin Costner a Cannes dove il film (diviso in due parti, Capitolo 1 e Capitolo 2) è stato presentato con grande successo (decine di minuti di applausi). Horizon, che è ora disponibile sulla pay dopo che il Capitolo 1 è passato nei cinema (il 2 lo sarà nella seconda metà d’agosto), vede Costner come autore, attore (recita un madriano che ha un silenzioso codice d’onore scolpito nella propria natura schiva e impassibile che ricorda i cowboys di Henry Fonda e Gary Cooper), padre di uno degli interpreti (c’è anche un figlio di 13 anni che vi recita), ma soprattutto imprenditore. Visto che ha investito ben 38 milioni dollari per realizzare il film. Difficile riesca ad ottenere lo stesso successo di Balla coi lupi che nel 1988 vinse una manciata di oscar e scalò il box office di tutto il mondo, anche se al cinema ho visto molti giovani e adolescenti catturati nel film forse per la prima volta dal mito del deserto che diventa giardino, dal riflesso d’oro dei cavalli al galoppo: dalla solitudine di nativi e uomini senza macchia che combattono ogni sorta di ingiustizia. E’ la forza di una storia, e di un mondo, che ha ancora una volta spinto un autore (e imprenditore) a rischiare qualunque cosa per riuscire a portare quante più persone possibili a condividere lo stesso sogno e lo stesso viaggio.