Il Premio

Premio Film Impresa

L'evento annuale di Film Impresa dedicato alla premiazione dei corti, dei cortissimi e dei migliori documentari dell'impresa italiana che si svela raccontando la sua storia e l'origine della produzione industriale.

Film Impresa è il progetto di Unindustria nato per valorizzare, esaltare e raccontare la realtà delle imprese e di chi ci lavora.

La notte

La notte
Scritto da
Mario Sesti
Pubblicato
August 3, 2024

In La notte di Michelangelo Antonioni, un film del 1961 che, nella versione restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia, verrà proiettato alla prossima Mostra del Cinema di Venezia, durante una lunga e quasi ipnotica scena di un party notturno nella residenza di un facoltoso imprenditoriale che possiede una villa circondata da prati immensi (il film venne girato addirittura in un club con splendidi campi da golf), il padrone di casa, ad un certo punto, chiede a Marcello Mastroianni, che è un importante scrittore, di seguirlo nel suo studio.

Deve fargli una proposta importante. Qual è?

Vuole assumere lo scrittore in un ruolo apicale, all’interno della sua azienda, perché lo aiuti a far conoscere lo spirito, l’idea, la personalità della sua impresa al mondo e alla società ma, innanzitutto, si suoi stessi dipendenti. Chi conosce il Premio Film Impresa sa che questa richiesta incrocia in profondità il nostro progetto: mettere insieme il talento creativo del linguaggio, dell’espressione artistica, al servizio di quello imprenditoriale (ma anche viceversa).

Fa impressione vederlo enunciato con tale chiarezza, più di 60 anni fa, in un paese, come il nostro, in pieno miracolo economico, alle prese con una idea che anima molti di noi che lavorano oggi a tale progetto e a tutte le attività del premio.

Ma che tipo di film è La notte che ha due splendide presenze femminili legate al miglior cinema d’autore che si faceva all’epoca, in Francia e in Italia: Jeanne Moreau e Monica Vitti?

“La notte arriva dopo L’avventura, che è uno dei film della mia vita – ha scritto uno dei più importanti autori italiani di cinema, Gianni Amelio - All’epoca ne rimasi folgorato. Antonioni aveva limato fino allo spasimo il suo linguaggio, lo stile era al centro di tutto, ma non soffocante, semmai depurato da ogni residuo naturalistico”.

Antonioni è stato il regista che più di altri, nella cultura italiana del dopoguerra, è diventato la stella polare del cinema d’autore internazionale: non a caso da Wenders a Wong Kar Wai, tutti i registi capaci di inventare e possedere uno stile, lo hanno considerato un punto di riferimento cruciale.

La sua passione per la forma delle immagini, il suo occhio pieno di stupore, curiosità e attenzione nei confronti delle donne, la sua capacità di ritagliare angoli del nostro mondo contemporaneo e mostrarcelo sul grande schermo come se fosse una scena enigmatica, inesauribile, minacciosa e affascinante, hanno dato vita ad una avventura unica fatta di film come esperienze mentali e sensoriali.

Ma per gli amanti della fotografia c’è qualche ragione in più per recuperarlo (il film si può vedere gratuitamente sul sito di Raiplay).

Nella scena finale, il direttore della fotografia, Di Venanzo (forse il padre di tutti i più grandi operatori del dopoguerra), insieme al suo tecnico di fiducia Enzo Verzini (mago dei bagni di sviluppo: chiamato nei laboratori di allora il Piccolo Giotto), realizzano, in un finale desolante e disperato che processa la fine di una coppia, quella che Antonioni chiamava un “alba livida”, un gioco di bianchi, di neri e di grigi che conferisce al cielo un candore abbacinante e ai prati una sorta di luminescenza misteriosa, come se improvvisamente i protagonisti scoprissero di essere atterrati su un pianeta muto, deserto e indifferente.

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